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I figli della terra

Alessandro Michelucci 040303 Florence

Il Cile è grande oltre il doppio della Germania, ma la popolazione (15 milioni) è inferiore a quella olandese. Nel paese vive una grande varietà di popoli indigeni, quasi tutti di scarsa consistenza numerica: Atacama, Aymara, Mapuche, Quechua, quelli della Terra del Fuoco (Ona, Kawasqar, etc.) e gli aborigeni di Rapa Nui, meglio nota come Isola di Pasqua. Quest’ultima, che dista oltre 3000 chilometri dal continente, appartiene geograficamente e culturalmente all’Oceania:  la popolazione nativa è di ceppo polinesiano, come gli Hawaiiani ed i Maori della Nuova Zelanda. Fra tanti popoli poco numerosi, l’unica eccezione è rappresentata dai Mapuche (detti anche Araucani), che sono circa un milione costituiscono il 7% dell’intera popolazione. Un’esigua quantità (60.000) vive nella vicina Argentina.

Abitanti originari del territorio che corrisponde al Cile, i Mapuche (“popolo dela terra”) difendono strenuamente la propria indipendenza durante l’invasione spagnola. Il poeta-soldato Alonso de Ercilla compone in questo periodo il poema epico La Araucana, dove descrive l’indiano come un nemico eroico e degno di rispetto.

Successivamente, in seguito al trattato di Quillin (1641), i Mapuche conservano ampi territori meridionali a sud del fiume Bio-Bio. All’inizio del secolo diciannovesimo il Cile proclama l’indipendenza dalla Spagna, e nei decenni successivi incorpora progressivamente le terre indigene. La resistenza dei Mapuche impegna l’esercito in una lunga serie di  guerre che terminano soltanto alla fine del secolo. Gli indiani sopravvissuti vengono costretti in piccole riserve che costituiscono ormai solo il 6% delle terre originarie. Le leggi atte a garantire l’inalienabilità delle riserve vengono modificate negli anni Quaranta, pemettendo ai latifondisti di eroderle ulteriormente.

Negli anni Sessanta i Mapuche iniziano a unire le proprie forze a quelle dei contadini (che spesso non sono indigeni). L’elezione del socialista Salvador Allende (1970) segna l’inizio di miglioramenti sostanziali: negli anni successivi la riforma agraria restituisce alle comunità indigene 70.000 ettari di terra. Viene creato un Istituto per l’Educazione Indigena con programmi bilingui. Il governo lascia inoltre ai Mapuche e agli altri indigeni uno spazio nella vita politica che prima era impensabile.
 

I Mapuche sotto la dittatura militare

La situazione cambia radicalmente quando il colpo di stato sostenuto dagli Stati Uniti (11 settembre 1973) destituisce Allende e insedia la giunta militare presieduta dal generale Augusto Pinochet Ugarte. Gran parte delle terre indigene viene confiscata e data ai potenti proprietari terrieri filo-golpisti. Molti indiani vengono torturati e uccisi. La repressione non risparmia Melillan Painamal, che nel 1978 fonda i Centros Culturales Mapuches con l’obiettivo di creare un fronte indigeno contro la dittatura. Ma il vero colpo mortale per gli indiani è rappresentato dalla Legge 2568 che viene emanata nello stesso anno. Dietro la facciata di una “politica di sviluppo”, la nuova legge non fa altro che incentivare la divisione delle terre indigene in appezzamenti, dopodichè gli indigeni cessano di essere considerati tali. “Non ci sono indiani: siamo tutti cileni!” afferma Pinochet, che mira chiaramente all’assimilazione degli indiani. Ad-Mapu, la principale organizzazione del popolo araucano, rinsalda l’alleanza con le forze dell’opposizione nel tentativo di opporsi alla politica governativa. La giunta risponde ancora una volta con la repressione. I Mapuche non si limitano a difendersi, ma al tempo stesso reclamano un ruolo attivo nella vita politica. La terza assemblea nazionale di Ad-Mapu, che si tiene all’inizio del 1983, approva infatti il Progetto alternativo per il popolo mapuche, che reclama fra l’altro il diritto di partecipare alla stesura di una nuova costituzione.

Negli anni Ottanta l’identità culturale del “popolo della terra” è minacciata dalla crescente urbanizzazione: nel 1988 sono ormai 200.000 quelli che vivono a Santiago, in condizioni di degrado affini a quelle di un apache urbanizzato. “Sono considerati l’espressione di una cultura inferiore, e questo li ha isolati. Si cerca anche di ‘modernizzarli’ e di ‘cilenizzarli’, e questo distruggerà l’identità culturale dei nostri fratelli” commenta con amarezza Canuiman, presidente di Ad-Mapu.

Alla ricerca dell’autonomia

Nel 1989 cade la dittatura; con l’avvento del nuovo presidente, il democristiano Patricio Aylwin, viene formata una commissione speciale per i problemi delle popolazioni indigene. Il disegno di legge che viene elaborato è tecnicamente valido, ma carente sotto il profilo dell’autonomia. Anche quello della terra rimane un problema grave, e negli ultimi anni si lega sempre più spesso allo sfruttamento ambientale. L’esempio poù plastico viene dalla comunità di Quinquen, un paese che sorge sulla cordigliera andina. Il territorio in questione, che legalmente appartiene ai Mapuche, è oggetto di una contesa che oppone gli indigeni alle grandi compagnie che vogliono sfruttare la zona. La questione viene risolta quando la Suprema Corte di Giustizia si pronuncia a favore degli interessi industriali ed ordina l’allontanamento degli indios.

La definitiva sanzione legale arriva nel 1987, quando un decreto permette lo sfruttamento dell’araucaria, l’albero che riveste una grande importanza religiosa per i Mapuche (fra l’altro, è presente nelle loro preghiere). La protesta indigena trova l’appoggio dei movimenti ambientalisti.

Successivamente, il governo Aylwin si sforza di invertire la rotta: l’araucaria viene dichiarata monumento naturale - per impedirne lo sfruttamento - e la regione diventa riserva nazionale in modo da impedire l’espulsione dei Mapuche. Al tempo stesso, il governo si dichiara disposto ad acquistare dalle compagnie le terre contese. Fallite le trattative per l’alto prezzo richiesto, il governo sottopone al parlamento un disegno di legge per l’esproprio delle terre. Molti parlamentari si ergono a difesa delle compagnie, sostenendo che il progetto di esproprio “contravviene al diritto di proprietà stabilito dalla Costituzione cilena”: evidentemente si riferiscono ai diritti dei Cileni ma non a quelli dei Mapuche.

Negli ultimi anni si intensificano le iniziative di collegamento fra i Mapuche del Cile e quelli che vivono nella vicina Argentina: nell’ottobre del 1993, per esempio, si tiene un grande raduno che raccoglie oltre 200 persone. Nella stessa occasione vengono enunciati i principi fondamentali del processo di autodeterminazione: diritti culturali, territoriali e linguistici.  Il popolo araucano continua quindi a lottare disperatamente per salvare quel poco che i discendenti dei conquistadores non hanno ancora travolto.

Al tempo stesso i Mapuche si impegnano per dare respiro internazionale alla propria lotta per l’autonomia.
In questa strategia si iscrive il Congresso per un'alleanza strategica del popolo mapuche, che si svolge nella cittadina costiera di Lota fra il 6 e il 12 ottobre 2003.

L’importante incontro, finanziato dalla Gesellschaft für bedrohte Völker (Associazione per i Popoli Minacciati), è il primo passo verso la creazione di un’organizzazione unitaria che rappresenti il popolo araucano davanti al governo ed elabori una piattaforma politica concreta.

La rete europea dei Mapuche

In Cile e in Argentina esistono diverse organizzazioni mapuche, ma anche in Europa gli indigeni dell'estremo Sudamerica sono riusciti a costruire una rete molto attiva. E' stato soprattutto nei primi anni della dittatura militare che molti mapuche hanno lasciato le proprie terre per stabiirsi nel Vecchio Continente. L'organizzazione mapuche più attiva in Europa è il Mapuche International Link (www.mapuche-nation.org), con sede a Bristol (Gran Bretagna). Diretta da Reynaldo Mariqueo, questa associazione svolge un prezioso lavoro di coordinamento europeo. Al tempo stesso opera a livello internazionale, come dimostra la sua partecipazione regolare alle sessioni del Gruppo di Lavoro dell’ONU sui popoli indigeni, che si riunisce a Ginevra nell’ultima settimana di luglio. Nel 2001 il MIL ha organizzato a Londra un’importante conferenza sulla questione mapuche. In Olanda esiste la Fondacion Rehue, ONG fondata nel 1990, che opera con finalità analoghe. I Mapuche sono attivi anche a livello universitario. Carlos Contreras Painenal anima Rucadugun, un centro che ha sede presso l'Università di Siegen, nei pressi di Colonia (Germania). Questo organismo ha organizzato il primo congresso internazionale sulla storia mapuche, che si è svolto nella cittadina tedesca nel febbraio del 2002.

La struttura più giovane è Ñuke Mapu (Madre Terra), che ha sede presso l'Università di Uppsala (Svezia). Diretto da Jorge Calbucura, questo programma accademico fornisce agli interessati un centro di documentazione e una serie di iniziative culturali. A queste organizzazioni che operano con finalità specifiche si aggiungono le numerose associazioni indigeniste attive in Europa, come Survival International, la Gesellschaft für bedrohte Völker (che ha una sede anche a Bolzano: www.gfbv.it) e l’International Worlkgroup for Indigenous Affairs.